Chi era Ottavia Buscemi prima candidata alla Presidenza della Repubblica

2022-08-20 06:58:37 By : Ms. Kary Cheng

Al centro dei suoi grandi obiettivi, la tutela dei diritti delle donne e dei bambini.

La sua storia "politica" inizia durante la prima guerra mondiale nell’entroterra siciliano, quando si addentra fra le campagne per sottrarre dalle masserie dei baroni i sacchi di grano destinati al mercato nero, e distribuirli invece ai meno abbienti. È per questo che il primo soprannome di Ottavia Penna, nata a Caltagirone (in provincia di Catania) nel 1907 da padre barone e madre duchessa, diventa ben presto "la giustiziera della notte". Esponente della nobiltà, e fervente cattolica, la baronessa condivide però con il nonno paterno Guglielmo una posizione liberale e progressista, che manifesta sottraendo peraltro alle fattorie di famiglia della carne macinata da condividere con gli indigenti, anziché da razionare tramite carta annonaria. E così, dopo aver studiato al collegio di Poggio Imperiale in Toscana e a Trinità dei Monti a Roma, la giovane si avvicina al mondo della politica – strada percorsa anche da sua sorella Carolina, la quale però è più vicina all’Azione cattolica e al Partito popolare.

Dal canto suo, Ottavia Penna preferisce invece affiancare ai suoi ideali monarchici la necessità pratica di migliorare gli standard di vita dei meno fortunati, battendosi con forza per l’emancipazione femminile, la parità dei sessi e il sostegno ai più poveri, mentre intanto sposa il medico Filippo Buscemi nel 1933 (con il quale avrà tre figlie) e attira su di sé l’ostilità di certi ambienti religiosi per via della sua vicinanza a Guglielmo Giannini, giornalista satirico che nel 1944 promuove il Fronte dell’uomo qualunque di stampo anticomunista, antifascista e più in generale antipolitico.

Mossa dall’intento di cambiare le sorti dell’Italia, e in particolare di quella del Sud, Ottavia Penna Buscemi si candida allora per le elezioni dell’Assemblea Costituente del 2 giugno del 1946, inserendo il suo nome in quello del Fronte e ottenendo 11.675 voti per il collegio di Catania: tante preferenze le valgono un’elezione quasi inaspettata (e lamentata dall’avversario della DC Mario Scelba in una lettera a don Luigi Sturzo), grazie a cui entra a far parte a pieno titolo del piccolo gruppo di Madri Costituenti a cui si deve la stesura della Costituzione, a fronte di 21 donne (fra le quali solo lei è esponente della destra) contro 556 uomini.

La sua passione per la res publica la porta a lottare fino alla fine con le sue colleghe per inserire nell’Articolo 3 della Costituzione il respingimento di ogni forma di discriminazione anche di sesso. E il passo successivo, per quella che già viene definita dal settimanale Oggi una novella Giovanna d’Arco, è la sua candidatura alla prima Presidenza della Repubblica Italiana da parte dello stesso Giannini, che la definisce "Una donna colta, intelligente, una sposa, una madre". Nello stupore generale, la filomonarchica progressista e femminista viene effettivamente votata dai grandi elettori, raggiungendo addirittura la terza posizione (con 32 preferenze) dopo Enrico De Nicola (396 preferenze) e Cipriano Facchinetti (40 preferenze).

La stampa e i deputati non vedono però di buon occhio la sua ascesa e si beffano di lei in quanto donna, mancando pure di invitarla a un ricevimento dedicato alle 21 onorevoli della Costituente. In realtà, la sua competenza in materia è stata da sempre riconosciuta dalla storiografia, come dimostrano inoltre i suoi consigli di qualche anno dopo ad Alcide De Gasperi, con i quali Ottavia Penna Buscemi lo invita a non stanziare sussidi in denaro per la sua terra, ricostruendo in alternativa strade, case e scuole al fine di "combattere l’ignoranza tremenda del nostro popolo" e dare un "ricovero" ai bambini abbandonati a rischio delinquenza - attività da lei stessa promossa tramite la fondazione "Città dei ragazzi", istituita per ridurre l’ingiustizia sociale.

Delusa dalla corruzione generale e dai compromessi cui si piega ben presto perfino Giannini, la baronessa lascia comunque la politica dopo essersi candidata alle amministrative del 1953 nel suo Comune natale. Ritiratasi nel suo palazzo di Caltagirone, si ostinerà a chiamare il neo-Stato italiano "quella repubblica" e ad applicare a testa in giù i francobolli sulle buste in segno di protesta fino alla morte, avvenuta il 2 dicembre 1986 nel disinteresse generale. Solo nel 2008 è stata poi posta in sua onore una lapide sulla casa di famiglia, mentre intanto nasceva un’associazione dedicata a lei con l’obiettivo di tutelare i diritti "delle donne e dei bambini nelle situazioni di disagio, di violenza e di emarginazione attraverso la reale promozione e integrazione sociale e lavorativa, la diffusione della cultura di parità di genere, l’affermazione delle donne nella politica e nelle istituzioni".