Radiazioni che curano i tumori: da sole o con i farmaci, sono sempre più utilizzate- Corriere.it

2022-08-20 06:57:46 By : Ms. mark xiong

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La terapia radiante resta uno degli strumenti fondamentali contro molti tipi di cancro e permette di intervenire in modo personalizzato. Oggi grazie all’evoluzione tecnologica gli effetti collaterali, temuti dai malati, sono limitati

Prima o dopo l’intervento chirurgico, da sola oppure insieme ai farmaci, per guarire definitivamente il paziente o «soltanto» per alleviare i sintomi della malattia, soprattutto in presenza delle tanto dolorose metastasi ossee. Con scopi e molti macchinari differenti, la radioterapia viene prescritta a oltre la metà delle persone che si trovano ad affrontare una diagnosi di cancro . Molti pazienti ancora la temono per la sua tossicità, ma la ricerca scientifica ha fatto molti passi avanti anche in questo settore e le radiazioni oggi sono sempre più efficaci e «su misura» per il singolo malato. È superata anche l’idea, altrettanto diffusa, che si tratti di una strategia soltanto palliativa, che non può eradicare del tutto il tumore. Lo dimostrano i dati di un'indagine ufficiale dell’Associazione italiana di radioterapia e oncologia clinica (Airo), che ha censito il lavoro svolto in 104 centri italiani durante il 2020 per alcuni tipi di cancro come quelli di testa e collo, prostata, cervice uterina e polmone : una corretta dose di radiazioni è sufficiente a eliminare completamente la neoplasia.

«La moderna radioterapia può essere definita come una “chirurgia virtuale”, un trattamento localizzato nel quale la precisione è determinante — sottolinea Vittorio Donato , da poco past president di Airo e direttore della Divisione di Radioterapia al San Camillo-Forlanini di Roma —. A seconda del volume che viene trattato e della dose che viene somministrata si ottiene un’efficacia diversa. Ogni paziente, ogni tipo di tumore riceve un trattamento personalizzato : più il volume trattato è circoscritto, più è possibile alzare la dose e renderla maggiormente efficace. Innovazione oggi significa identificare nel modo più preciso possibile il bersaglio e ridurre la dose a livello degli organi sani circostanti». Per avere i risultati migliori i macchinari devono essere molto avanzati, di elevata tecnologia : per questo andrebbero rinnovati periodicamente, perché il progresso tecnologico è continuo e un macchinario che ha 10-15 anni di vita è considerato obsoleto.

Parco macchine da rinnovare in Italia

Da un recente censimento condotto da Airo, sempre nel 2020-2021, emerge però che in Italia gran parte del parco macchine è vecchio : oltre il 40% degli apparecchi ha almeno 10 anni di vita. «È un problema da non sottovalutare, tanto più alla luce delle stime che prevedono nei prossimi anni una crescita del 15% delle persone che avranno bisogno di radioterapia: soprattutto a causa dell’invecchiamento della popolazione è destinato ad aumentare il numero complessivo delle persone che si ammalano di cancro» sottolinea Cinzia Iotti , direttore della Radioterapia oncologica all'AUSL-IRCCS di Reggio Emilia e nuovo presidente dell’Associazione italiana di radioterapia. Le problematiche che emergono dal censimento non sono nuove: da diversi anni Airo ricorda in Italia la mancanza di personale qualificato e la disomogenea distribuzione delle apparecchiature sul territorio nazionale (con il Sud, al solito, penalizzato). A cui si aggiunge la necessità di svecchiare i macchinari. Nel dettaglio, l’indagine ha censito 183 centri di radioterapia pubblici e privati convenzionati (3 centri per ogni milione di abitanti), la cui distribuzione è in linea con gli altri Paesi europei per quanto riguarda il Nord e il Centro, mentre al Sud si riscontra una carenza sia del numero delle macchine sia delle unità di radioterapia. «Riguardo la vetustà delle apparecchiature, il dato è piuttosto preoccupante: il 29% delle macchine ha più di 12 anni di anzianità — dice Donato —. Rinnovare il parco macchine, soprattutto quelle che hanno superato i 10 anni d’età, e ampliarlo almeno del 20% per soddisfare i bisogni dei malati è un’esigenza stringente. Bisogna investire adesso sulle macchine che sono sì costose, ma durano 10 anni: in confronto alla spesa farmaceutica, il prezzo è molto ridotto».

Bisogna anche tenere presente che solo avendo un adeguato supporto tecnologico con macchinari all’avanguardia si possono offrire ai pazienti le prestazioni migliori: gli apparecchi nuovi, più potenti e precisi, sono anche più veloci . E questo permette di ridurre i cicli di terapia fino a dimezzare il numero di sedute o diminuirle di un terzo e, in qualche caso, si può arrivare anche a una singola seduta. Come mai? Per capire il prossimo futuro, occorre una premessa: la radioterapia utilizza radiazioni ad alta energia, emesse da sostanze radioattive oppure prodotte da specifiche apparecchiature dette acceleratori lineari. Le radiazioni ionizzanti, dirette contro la massa tumorale, sono in grado di danneggiare il Dna della cellula cancerogena per portare alla sua distruzione . Al fine di risparmiare i tessuti sani, i fasci delle radiazioni vengono sagomati e rivolti da diverse angolazioni e si intersecano al centro della zona da trattare, dove ci sarà un quantitativo di dose assorbita totale superiore a quelle delle aree adiacenti. Oggi il trattamento radioterapico è rigorosamente personalizzato per ciascun paziente a seconda del tipo di tumore, delle sue dimensioni, della localizzazione e delle condizioni di salute generali del malato. Oltre al tipo più indicato di radioterapia, si stabilisce la durata e la dose del trattamento, in quante frazioni vada somministrato e con quale frequenza.

Il concetto nuovo che si sta diffondendo e di cui sentiremo sempre più parlare è l’ipofrazionamento : «Vuol dire fare trattamenti più brevi, più concentrati, dove la dose radiante per ogni singola seduta è più elevata rispetto allo standard che consisteva in piccole dosi e cicli molto lunghi — spiega Barbara Jereczek , direttore della Divisione di Radioterapia all'Istituto Europeo Oncologico di Milano —. Oggi grazie all’imaging, che ci permette di riconoscere tumori molto piccoli, e grazie alla tecnologia sofisticata si possono fare trattamenti ipofrazionati selettivi, più convenienti perché il paziente deve recarsi in ospedale non 40 volte, ma 5. Inoltre, somministrando una dose più elevata e mirata sulle cellule cancerose (risparmiando i tessuti sani), il trattamento è più efficace e la percentuale di guarigione è maggiore».

Un team di specialisti per decidere la cura più adatta

Per impostare l’iter di cura migliore per ciascun paziente serve una valutazione multidisciplinare tra chirurgo, radioterapista e oncologo. «I vari specialisti hanno visioni e competenze diverse finalizzate allo stesso obiettivo: fare una scelta terapeutica che guarisca o che comporti la quantità e qualità di vita migliori possibili — dice Roberto Pacelli , responsabile della Radioterapia all’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli —. Il radioterapista non è soltanto chi ha le competenze tecniche per erogare i trattamenti con radiazioni: può e deve partecipare in ogni stadio della malattia, da quella pre-operatoria fino alle fasi più avanzate per garantire, insieme agli altri specialisti, l’appropriatezza delle scelte terapeutiche». I criteri in base ai quali si opta per una strategia o per un’altra si riferiscono a linee guida condivise a livello nazionale e internazionale , applicate considerando anche le caratteristiche del singolo paziente. Ma, anche per sfruttare al meglio le novità tecnologiche, servono gli specialisti o il rischio è quello di possedere un’auto fuoriserie senza un pilota esperto per portarla in pista. Â«Soprattutto nelle strutture pubbliche italiane c’è carenza di personale nei reparti di radioterapia , un problema che comporta in molti casi un sottoutilizzo di preziose tecnologie» rimarca Pacelli.

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