Scoliosi, quali benefici da nuoto e ginnastica correttiva?

2022-07-16 02:07:45 By : Ms. Susan Zhan

Autore Dott. Carmelo Giuffrida Dottore in Scienze e Tecniche delle Attività Motorie Preventive e Adattate. Docente incaricato all’insegnamento di “Attività Fisica Adattata” presso il Master Universitario di I° Livello in “Posturologia Clinica e Scienze dell’Esercizio Fisico” – Università degli Studi di Catania

Negli ultimi anni si è indirizzato troppo spesso e senza motivare scientificamente verso l’attività in piscina indicando il nuoto come “toccasana” dei paramorfismi rachidei.

Per quanto riguarda il nuoto, bisogna dire subito che non può essere prescritto in presenza di paramorfismi del rachide e, ancora di più, in presenza di scoliosi. Non si può creare l’illusione di una sua miracolistica efficacia, poiché, al pari di qualsiasi altra attività sportiva, è priva di qualsiasi effetto rieducativo-compensativo.

“Acqua” e “Attività Fisica” sono accomunate da una alleanza non indifferente che, spesso, riveste il ruolo della complicità per tentare di risolvere importanti problematiche connesse all’apparato locomotore come la scoliosi, l’ipercifosi e l’iperlordosi.

I gesti motori assumono aspetto formativo se sfruttati intelligentemente e possono essere un ottimo ausilio per il potenziamento armonico dei vari complessi mio-fasciali e, in particolar modo, per la catena cinetica muscolare posteriore che interessa anche la colonna vertebrale.

Vecchi Medici non più aggiornati e la profanità dell’utenza che è costretta a un vissuto di educazione posturale, attribuiscono doti rieducative funzionali alle attività motorie in acqua.

Il mezzo acquatico non deve essere inteso come uno strumento terapeutico o un metodo di trattamento rieducativo ma, semplicemente, come un mezzo dotato di specifiche caratteristiche all’interno del quale possono essere allestite metodiche allenanti e come un “attrezzo” per la somministrazione di esercizi rieducativi.

Il passaggio dalla terraferma all’acqua è il passaggio dal dominio del peso al dominio della forma!

Una sintetica analisi delle evidenze chinesiologiche e biomeccan­iche, contraddice ogni possibile valenza dell’attività natatoria a favore di un momento rieducativo nei difetti morfologico-posturali con il particolare ambito di trattamento della scoliosi idiopatica evolutiva giovanile.

Il corpo umano immerso in un fluido come l’acqua,per effetto della postura orizzontale rispetto al mezzo (attrezzo acqua), mancando i punti di vincolo, subendo una ridotta forza gravitazionale e scarse stimolazioni propriocettive, non può ottenere una modificazione degli schemi posturali.

“Water”and “Physical Activity” are united by a not indifferent alliance that often plays the role of complicity in trying to solve important problems related to the locomotor system.

Motor gestures take on a formative aspect ifused intelligently and can be an excellent aid for the harmoniou sstrengthening of the various myofascial complexes and, in particular, for the posterior muscular kinetic chain which also affects the vertebral column.

Old Doctors who are no longer up to date and the profanity of users who are forced to experience postural education, attribute functional re-educational skills to motor activities in the water.

The aquatic medium must not be understood as a therapeutic tool or a re-educational treatment method but, simply, as a means with specific characteristics within which training methods can be set up and as a “tool” for administering re-educational exercises .

The transition from land to water is the transition from the domination of weight to the domination of form!

A brief analysis of the kinesiological and biomechanical evidence contradicts any possible value of swimming in favor of a re-educational moment in morphological-postural defects with the particular area of ​​treatment of juvenile development alidiopathicscoliosis.

The human body immersed in a fluid such as water, due to the horizontal posture with respect to the medium (water tool), lacking the attachment points, undergoing a reduced gravitational force and poor proprioceptive stimulations, cannot obtain a modification of postural patterns.

Il concetto di benessere fisico trova nell’elemento “Acqua” e nell’“Attività Fisica” una alleanza non indifferente che, spesso, riveste il ruolo della complicità per tentare di risolvere importanti problematiche connesse all’apparato locomotore come la scoliosi.

Infatti, sin da epoche remote, dalla civiltà egizia a quella ellenica e romana, l’uso dell’acqua per la ricerca del benessere a finalità rieducativa costituisce uno dei procedimenti più antichi di cui ha disposto l’essere umano.

Non di meno, nell’ambito della rieducazione posturale, è uso ricorrente, purtroppo ancora abitualmente, attribuire doti rieducative alle attività sportive e, in particolar modo, al nuoto per la risoluzione di una scoliosi.

Il più delle volte tali qualità risultano assolutamente improprie e prive di evidenze e giustificazioni scientifiche.

Scoliosi, ipercifosi dorsale e iperlordosi lombare possono riceverne benefici?

La pratica degli sport impone all’apparato locomotore delle traslocazioni spaziali di particolare impegno bio-meccanico. Se i gesti motori vengono sfruttati intelligentemente, possono essere un ottimo ausilio per il potenziamento armonico dei vari complessi mio-fasciali e, inparticolar modo, proprio per la catena cinetica muscolare posteriore che interessa anche la colonna vertebrale.

Pertanto, l’attività motoria assume aspetto formativo.

Ma occorre fornire una esatta impostazione delle funzioni profilattiche ai fini di una prevenzione dei paramorfismi e di ogni sub-normalità psicomotoria, con attenzioni rivolte a posture e a dinamismi fondamentali.

 È utile chiarire il ruolo delle attività acquatiche e natatorie: queste ricoprono un ruolo di dubbia validità; purtroppo si continua a prescrivere il nuoto che è oggetto di attenzioni ingiustificate e controproducenti nel processo di normalizzazione delle alterazioni morfologico-posturali e nella rieducazione della scoliosi.

Ancora oggi sopravvivono stereotipi culturali privi di fondamento scientifico e che non giustificano il beneficio del nuoto.

L’effetto miorilassante e decontratturante dell’esercizio in acqua viene parecchio utilizzato nel management del dolore, soprattutto in presenza di algia vertebrale (back pain) e nella traumatologia sportiva, quale momento di riatletizzazione. In ambito neurologico viene prescritto come ultima risorsa nell’intento di sfruttare il mezzo acquatico come “facilitazione” motoria rispetto al movimento svolto sulla terraferma.

Tanti “si dice” inducono vecchi Medici non più aggiornati e la profanità dell’utenza che è costretta a un vissuto di educazione posturale, ad attribuire doti rieducative funzionali alle attività motorie in acqua.

Spesso lo sport viene scelto come momento compensativo di alterazioni morfologico-posturali o di gravi curve scoliotiche paramorfiche. In particolare, in modo improprio e assolutamente ingiustificato, la scelta viene indirizzata verso il nuoto come fosse una panacea.

Gli sport acquatici e natatori (di qualsiasi tipo o tecnica e comunque denominate) non sono “TERAPIA” utilizzabile per “curare” la scoliosi o qualsiasi altro paramorfismo della colonna vertebrale!

Sono, invece, un valido supporto poiché offrono esercizi di grande variabilità e dinamicità che aiutano gli schemi motori e corporei a compiere azioni compensative; servono di ausilio e da rinforzo agli esercizi che devono essere somministrati in ambiente altamente specializzato nella ginnastica correttiva e compensativa.

Le tecniche di espletamento di esercizio fisico clinico in acqua sono fortemente connesse alle conoscenze delle proprietà fisiche del mezzo (acqua) e del corpo immerso in questo fluido, indipendentemente dalle sue proprietà organolettiche e, in particolare, in relazione al concetto di materia.

L’acqua, o meglio il mezzo acquatico, non deve essere inteso come uno strumento terapeutico o un metodo di trattamento rieducativo ma, semplicemente, come un mezzo dotato di specifiche caratteristiche all’interno del quale possono essere allestite metodiche allenanti e come un “attrezzo” per la somministrazione di esercizi rieducativi. Quello che conta è la tipologia di esercizio somministrato e non le conoscenze dell’idrologia che, sicuramente, non possono produrre un “metodo acquatico” contenente obiettivi e strategie rieducative e funzionali.

L’essere umano è un animale terrestre “progettato” per vivere ed espletare tutte le sue funzioni sulla terraferma ma capace di adattarsi all’ambiente acquatico.

Le premesse epistemiologiche di un qualsiasi “somministratore” di esercizi devono, innanzitutto, fare sorgere il concetto di “cosa si può apprendere” in acqua e “come si apprende un gesto motorio” in acqua declinando le convinzioni, le esperienze e i metodi che non trovano fondamento scientifico a favore dello specifico compito di seguire le regole che governano l’ambiente acquatico.

Tra gli stereotipi culturali che derivano dalla tradizione dell’idrologia e della fisio-climatologia sorge immediata la problematica legata alla temperatura e alla resistenza dell’acqua.

Da non trascurare, poi, ci sono gli effetti “contesto-dipendenti” dell’acqua, come l’effetto anti-spastico, che assumono un ruolo di inutile magia sospingendo il lavoro in acqua come disciplina irregolare, i cui risultati portano all’impossibilità di corrette opinioni se non quelle di aver seguito una moda o un luogo comune.

Spasticità, stiffness non-neurale, co-contrazione fisiologica degli antagonisti, reclutamento muscolare e alterazione delle sequenze di attivazione muscolare rispetto alle condizioni del movimento sulla terraferma, … sono tutti elementi utili e non trascurabili per definire i termini di un esercizio da proporre che vanno molto al di là della semplice sterile diagnostica che descrive la patologia.

Indispensabile momento di valutazione davanti a un soggetto con paramorfismi diventa la consapevolezza di termini come l’impairment, la patologia, l’handicap, la disability, lo stato di cronicità, lo stato di stabilità e lo stato di acuzia patologica.

È fuori da ogni dubbio il fatto che, la pratica di un qualsiasi sport induce a un grande sviluppo della fitness e, quindi, delle qualità fisiche di base (forza muscolare, velocità, resistenza, mobilità articolare, coordinazione oculo-manuale e oculo-podalica, agilità e destrezza, precisione motoria, equilibrio statico, dinamico e in volo, …). Inoltre, stimola lo sviluppo delle grandi funzioni organiche [capacità cardio-circolatorie e respiratorie nel fornire ossigeno alle cellule durante l’attività fisica prolungata: il gold standard di misurazione per tale parametro è il massimo consumo di O2 (VO2max)].

L’organismo umano risponde a un programma di allenamento con adattamenti morfo-funzionali di vari apparati (respiratorio, cardiocircolatorio, locomotore, digerente, nervoso, endocrino, immunitario) che gli permettono di affrontare uno stress fisico con minor fatica e maggiore efficacia (SINDROME GENERALE DI ADATTAMENTO DI SELYE):

↑ massima gittata cardiaca e volume elettivo (Blomqvist et al 1983);

↓ frequenza cardiaca per un dato VO2 (Åstrand et al 1986);

↓ pressione arteriosa (Seals et al 1984);

↓ doppio prodotto (Blomqvist et al 1983): FC x PA sistolica, come indice del consumo miocardico di ossigeno);

↑ efficienza del muscolo cardiaco (Kitamura et al 1972);

↓ incidenza di mortalità e morbilità cardiaca (Paffembarger 1986);

↑ densità capillare nei muscoli scheletrici (Henriksson 1977);

↑ attività degli “enzimi aerobici” nel muscolo scheletrico (Saltin 1983);

↓ produzione di acido lattico per un determinato carico di lavoro (Saltin 1983).

Praticare una qualsiasi attività fisica, arrampicarsi, spingere, tirare, rotolarsi, afferrare, lanciare, camminare, correre, saltare, …, cadere, affrontare l’avversario, nuotare, … sono incognite di schemi motori che richiedono rapide ed efficienti soluzioni psico-motorie ed engrammi raffinati: l’arte dell’allenamento si basa sulla Scienza… e se la Scienza entra in palestra impone una valutazione per conferire un senso che si chiama traguardo, vittoria (al di là di ogni medaglia)!

“L’arte dell’allenamento” impone la conoscenza di regole fisiologiche e di processi bio-chimici ben precisi.

Se a questo affianchiamo il delicato argomento dei paramorfismi rachidei, occorre fare considerazioni di natura Chinesiologica, Biomeccanica, Pedagogica, Psicologica, …

La flessibilità di una curva scoliotica è determinata dalla somma di parametri morfologici che hanno valori differenti tra loro[1]:

Il “criticalload” o soglia critica di carico[2] identifica il valore massimo al di là della quale una colonna vertebrale sottoposta ad un peso, inevitabilmente, va incontro al cedimento strutturale. Nel caso di una curva scoliotica corrisponde all’ingravescenza della curva.

Un miglioramento della curva scoliotica in carico per effetto di una riduzione del cedimento posturale costituisce il “freno” della progressività di una scoliosi in quanto la riduzione del valore angolare definisce l’aumento della soglia critica del carico.

Una asimmetria rachidea su due piani (in particolare, quando la riduzione di una curva sagittale si associa a una deviazione laterale sul piano frontale) potrebbe rappresentare l’innesco di innesco di una condizione di scarsa stabilità ed essere fattore facilitativo di un cedimento sul terzo piano dello spazio, poiché si produrrebbe una instabilità meccanica di tipo rotazionale che, in corrispondenza alla rapida crescita puberale va a definire il meccanismo evolutivo della curva scoliotica[3].

Quindi, diventano rischiose le colonne che mostrano la riduzione cifotica con atteggiamento scoliotico in cui, il dorso piatto assume tono prognostico di possibile peggioramento scoliotico.

L’armonica morfologia della colonna vertebrale deve essere biomeccanicamente correlata alla ginnastica compensativa, la quale, deve proporre esercizi finalizzati per combattere le deviazioni laterali vertebrali con la loro prognosi sfavorevole e tutti i possibili fattori di rischio specifico.

Il corpo umano è un vero e proprio “Laboratorio alchemico” in cui si possono trovare tutti gli elementi utili per trasformare l’energia chimica (che ingeriamo attraverso i cibi!) in energia meccanica (le risposte motorie fornite in ogni istante della propria vita!);

… e tutto deve essere reso economico (il massimo rendimento con il minor dispendio energetico!).

Discutere di “scoliosi” comporta l’analisi di diverse sfaccettature dell’operatività pratica, dell’esercizio fisico in corsetto, delle tecniche di somministrazione dell’attività motoria in propriocettività, delle variabili ambientali durante l’apprendimento motorio, delle skills di supporto, dei tracking applicativi, degli effetti tampone, … dell’uso delle camere di espansione se è presente l’adozione di un corsetto e su come sfruttare il corsetto quale attrezzo ginnico per ottenere un miglioramento degli schemi motori e della motricità.

Ancor di più, occorre tenere presente le fonti di errore valutativi nelle misurazioni del soggetto esaminato, nelle componenti posturali, negli aggiustamenti microcinetici e dei riflessi che, moment by moment, si innescano per il recupero dell’equilibrio ortostatico, nel posizionamento posturale e nel riaggiustamento segmentale utilizzati per recuperare e mantenere la statica eretta della posizione ortostastica indifferente.

Bisogna collegare l’aspetto meccanico dei trattamenti dello scoliotico all’aspetto pedagogico (l’apprendimento gioca un ruolo determinante!).

Il movimento finalizzato (educativo, preventivo, adattato, per normodotati o per disabili, ecc…) non è basato solo su meccanismi muscolo-articolari, ma è una “attività motoria” che produce l’apprendimento. Di conseguenza, ne deriva il perfezionamento del movimento attraverso l’attività percettiva, la scoperta e l’organizzazione degli stimoli mediante una attività di pensiero che razionalizza il movimento.

Un’analisi filogenetica e ontogenetica, comporterebbe il coinvolgimento di esposizioni non trascurabili che dovrebbero toccare argomentazioni di natura endocrinologica, genetica, biomeccanica, chinesiologica, posturale, …

La ginnastica non agisce solo sul corpo: il muscolo funziona se il sistema nervoso trasmette ciò che la psiche ha “programmato” in forza di un’esigenza, determinando una continuità fra attività psichica e attività fisica attraverso l’attività motoria.

L’ “acquisizione delle azioni” contraddistingue l’attività cosciente e trasforma la ginnastica in “compito”.

L’erogazione del “movimento funzionale”, non si limita al risultato osservabile esteriormente ma si estende al processo che produce il risultato.

Qualsiasi gesto motorio impone l’armonia della simmetricità gestuale e, di conseguenza, non ci sono le necessità compensative derivanti dal gesto atletico che si ritrova negli sport asimmetrici come il tennis, lo squash, il golf, la scherma, il badminton, …

 Non si deve “insegnare meccanicamente un movimento” ma si deve insegnarlo nel contesto del contenuto dell’azione, in un processo di collegamenti fra sintesi afferenti e convergenze efferenti.

Le disarmonie motorie stato-cinetiche e correttive, si inquadrano nelle “disabilità riferite all’assetto corporeo” citate dall’Organizzazione Mondiale Sanità e inquadrate nelle “disabilità di destrezza o disabilità locomotorie”; richiamano i principi metodologici ai quali si ispira il moderno insegnamento delle Scienze Motorie nei paradismorfismi.

Ogni gesto motorio deve essere opportunamente corticalizzato e telencefalizzato!

Va da sé che le attività fisiche comportano una ottima condizione per l’apprendimento e lo sviluppo delle condotte psico-motorie, dati i continui e obbligati condizionamenti spazio-temporali, le prospettive percettive e senso-motorie, la lateralizzazione e l’acquisizione di ambi-destria tecnica, la capacità di lanciare, di tirare, di spingere, la capacità di traslocare naturalmente secondo lo strisciare, saltare, rotolare, cadere in tutte le direzioni spaziali, … una infinità di engrammi sensoriali si coordinano con le tecniche esecutive e con la tattica di gioco.

E, poi, occorre la consapevolezza della misurazione scientifica!

Dal dominio del peso al dominio della forma!

Nell’ambito dell’apprendimento motorio in acqua, è di primaria importanza la caratteristica dell’acqua: ciò consente di affermare che il passaggio dalla terraferma all’acqua è il passaggio dal dominio del peso al dominio della forma! 

Se si esercita su una parte del liquido una pressione, questa si trasmette con pari intensità in ogni parte del liquido ed in ogni direzione.

 Per il Principio di Bouguer:

Un corpo immerso in acqua è soggetto a:

Questo è un concetto fondato sulla fluidodinamica: il punto di intersezione tra la verticale passante per il centro di gravità quando il corpo è in equilibrio e la verticale attuale che passa per il centro di galleggiamento detto metacentro[4], è espressione delle variazioni volumetriche (forma) della parte immersa del corpo considerato (centro di galleggiamento) piuttosto che delle variazioni ponderali del corpo in regime di gravità (baricentro).

Sul versante percettivo, la forma, in acqua subisce una specifica rivoluzione per cui le afferenze propriocettive diminuiscono fino a sparire; di contro, si esaltano le afferenze esterocettrici: si ottiene un passaggio da uno schema corporeo legato all’aspetto ponderale dei suoi segmenti somatici a uno schema corporeo legato agli aspetti volumetrici definiti dai recettori cutanei.

In acqua, i muscoli vengono usati in modo completamente differente rispetto a quanto avviene nella terraferma in cui generano un vettore costantemente contrario a quello che rappresenta il verso del movimento ma orientano i segmenti corporei nella direzione e verso del movimento stesso; dato che è la variazione di forma che genera il movimento (rotazione) e non la trazione muscolare in senso diretto ne deriva che, in acqua, il movimento è dilazionato rispetto alle contrazioni muscolari (deboli) necessarie a generarlo, contrariamente a quanto avviene sulla terraferma dove contrazione e movimento sono necessariamente contestuali.

Massa, peso, densità, densità relativa dell’acqua, affiancano i concetti di galleggiabilità, di pressione idrostatica, di tensione superficiale, di rifrazione, di viscosità, di movimento, di coesione molecolare del liquido, di flusso, di calore e di temperatura dell’acqua.

Il concetto logico di forma, contrapposto a quello di peso, consente di costruire esercizi rieducativi globali e analitici i cui strumenti possono rientrare in 4 categorie:

Il principio di Archimede esprime che un corpo in libera immersione riceve una spinta verso la superficie pari al volume d’acqua spostato.

La pressione è una forza di superficie; la controspinta idrostatica è una forza è diretta verso il centro geometrico della parte immersa, ma impatta sulla superficie del corpo.

Ciò è in grado di imprimere delle rotazioni in diretta relazione con la densità e con la forma del corpo.

Le forze agenti su un corpo, sia esso immerso in acqua o meno, sono:

Il baricentro è lievemente dislocabile ma solo per ampie modificazioni della configurazione posturale.

Il centro di galleggiamento, invece, cambia repentinamente e ampiamente insieme al rapido cambiamento della geometria della parte immersa del corpo.

 Un corpo a densità omogenea di densità 1 (uguale all’acqua), come un bidone riempito con acqua, assume una posizione indifferente per cui permane dove viene collocato;

un corpo di densità eterogenea con una densità media uguale a 1, ma con una parte a peso specifico minore e una a peso specifico maggiore, tende ad affondare.

In acqua, il peso apparente (carico) imposto dal peso corporeo sulle articolazioni portanti è tanto più ridotto quanto maggiormente il corpo viene immerso: maggiore è l’immersione, tanto di più è il volume di liquido spostato e, di conseguenza, la spinta di Archimede esprime che, in acqua, la gravità terrestre è presente ed esercita un ruolo importante.

Ogni movimento proposto in acqua è soggetto ad una ricerca di posizioni immergenti, di atto motorio vero e proprio che si coniuga a posizioni riequilibranti che sfociano in atteggiamenti finali di riposizionamento che predispongono a movimenti successivi.

Ogni parte del corpo lasciata fuori dell’acqua è soggetta alla forza di gravità e non alla spinta di Archimede: questa differenza incide in maniera decisiva sulle strutture organizzative del movimento compiuto.

Colonna vertebrale e fluidodinamica acquatica 

Un corpo che fluttua in acqua è galleggiante; se è in stato di riposo è in condizione di equilibrio.

La condizione di equilibrio sussiste se le forze opposte che agiscono sulle superfici del corpo sono uguali in grandezza e direzione opposta.

Il corpo che subisce forze opposte ma non uguali, si sposta nella direzione in cui agisce la forza più grande.

Se le forze a cui è sottoposto il corpo sono di uguale grandezza ma non diametralmente opposte, tenderà a ruotare.

Un corpo si muove sotto l’azione di una forza meccanica, per cui, se questa forza non è bilanciata, si innesca un movimento rotazionale (coppia di forze).

I diversi distretti corporei, immersi nel mezzo liquido acqua, subiscono uno stato differenziato di galleggiamento (forza di galleggiamento) a cui corrisponde un affondamento degli arti inferiori e una tendenza al galleggiamento del tronco per gli effetti della “legge di Archimede” (un corpo immerso interamente o parzialmente in un fluido, riceve una spinta verso l’alto pari al peso del fluido spostato) e per effetto della coppia di forze derivante dalla componente di for­za di gravità e della spinta idrodinamica di galleggiamento a cui consegue l’innesco di un processo di rotazione permanente del corpo fino a quando non si stabilisce uno stato di equilibrio.

Un corpo, interamente o parzialmente immerso in un fluido in quiete subisce delle pressioni su ogni parte della sua superficie che viene a contatto col fluido la cui risultante di tutte le forze di pressione è una forza diretta verso l’alto detta “Spinta”.

Il soggetto che deve muoversi in acqua trova una considerevole “Resistenza” che si oppone al suo spostamento determinata dal volume dell’acqua spostata, dalla rapidità dello spostamento, dalla sua forma, e innesca una forza interna (derivante dalle contrazioni muscolari) capace di contrastare le forze esterne (forze di spinta di galleggiamento, attriti dell’acqua, resistenze del corpo immerso).

Se in acqua si crea una turbolenza, l’energia di pressione può spostare il corpo.

La spinta dinamica varia in rapporto all’angolo di attacco col mezzo fluido e alla forma delle linee di flusso che i filetti fluidi sono costretti a seguire per il principio di Bernoulli (forze di pressione). 

Nel nuoto si utilizzano leve di terzo genere (inter-potente) per ottenere la propulsione.

Questo tipo di leva è favorevole per produrre un gesto motorio ma è sfavorevole all’applicazione della forza: la potenza viene sviluppata dai muscoli, la resistenza maggiore si incontra a causa della velocità dalle parti estreme che, nel corpo umano, sono le mani (la parte anatomica più lontano dal fulcro o centro di movimento rappresentato dalla spalla).

Il braccio causa le reazioni opposte tendenti ad innalzare o affondare il corpo.

La colonna vertebrale risponde a 2 requisiti meccanici in contraddizione e per effetto della sua struttura a sartie definita dal cingolo scapolo-omerale, dal bacino e dalle strutture mio legamentose, che ne mantengono l’equilibrio mio-tensivo:

 Il nuoto è definibile come un atto motorio ciclico in cui la coordinazione assume un aspetto fondamentale.

La ricerca della maggior velocità possibile per raggiungere la migliore performance riguarda l’atleta ma non ha alcun senso se l’obiettivo del gesto motorio riguarda il “recupero funzionale” di una scoliosi!

Nel nuoto si riscontrano 4 stili fondamentali:

In tutti gli stili è possibile distinguere due fasi principali:

Occorre fare risaltare che il mezzo acquatico “non attenua” il gesto motorio senza alterare la struttura somatica: le sequenze di attivazione mio-fasciale e la tipologia di contrazione muscolare dei distretti coinvolti sono differenti rispetto alla terraferma sebbene i movimenti risultanti possono sembrare molto simili.

Un movimento in acqua produce una contrazione iso-cinetica, cioè ilmuscolo sviluppa la massima tensione per tutto l’arco di movimento accorciandosi a velocità costante, mentre lo stesso movimento al suolo produce contrazione iso-tonica, concentrica o eccentrica.

Se il mezzo da cui deriva il movimento è elastico la contrazione è di tipo auxo-tonica[5].

In acqua il movimento avviene a velocità angolare pressoché costante contro una resistenza accomodante che si mantiene per l’intera escursione articolare.

La resistenza opposta dall’acqua è direttamente proporzionale alla forza impressa al movimento, per cui ne deriva:

Ora, sebbene il “Nuoto” viene svolto generalmente con entusiasmo per il suo aspetto ludico, aumenta l’attività cardio-respiratoria costituendo un valido mezzo contributivo allo sviluppo delle grandi funzioni organiche e, per la sua pratica, non si deve lottare contro le forze gravitazionali permettendo uno scarico meccanico della colonna vertebrale, si deve dissentire la pratica di tale attività motoria quando si intende contrastare l’evoluzione di una scoliosi con questo mezzoe, più in generale, quale attività atta a rieducare un soggetto con paramorfismi.

L’indubbio valore del ruolo delle attività acquatiche e natatorie per gli effetti esercitati sulle grandi funzioni organiche – cardio-circolatorie e respiratorie – continua a essere oggetto di attenzioni ingiustificate e, non raramente, controproducenti nel processo di normalizzazione delle alterazioni morfologico-posturali e nella pratica delle scoliosi.

Ma nasce spontanea la domanda:

“Come fa un animale di terra (essere umano) a controllare tutta una serie di componenti mio-fasciali e propriocettivi sui tre piani dello spazio, in un ambiente acquatico (che non è il suo ambiente naturale!) e bilanciare i conti anche con le spinte fluido-dinamiche e con i filetti fluidi del liquido acqua che viaggiano in senso contrario al proprio corpo durante la spinta propulsiva?

Una sintetica analisi delle evidenze chinesiologiche e biomeccan­iche, contraddice ogni possibile valenza dell’attività natatoria a favore di un momento rieducativo nei difetti morfologico-posturali con il particolare ambito di trattamento della scoliosi idiopatica evolutiva giovanile.

Ogni piccolo squi­librio posturale è indistintamente correlato alla “fatica posturale” della posizione eretta e del mantenimento-controllo dell’equilibrio del corpo (movimento micro-cinetico da fermo) coinvolto nel controbilanciare la forza gravitazionale in relazione alle attività statiche e dinamiche quotidiane.

L’intento di agire in senso preventivo o compensativo sulla struttura dell’apparato locomotore attraverso l’utilizzo di un ambiente a basso impatto gravitazionale come quello acquatico, non trova giustificazione valide.

In particolare, lo stile “Dorso”, per ovvii e noti principi di idrodinamica (Principio di Archimede), accentuerebbe l’iper-lordosi lombare. Infatti, il bacino precipiterebbe in forte antero-versione per garantire tanto la galleggiabilità somatica quanto la spinta propulsiva; a questo, contribuirebbe la posizione di iper-estensione che attiverebbe una azione biomeccanica agente sui muscoli psoas-iliaci che, aiutati dal pessimo tono mio-fasciale della parete addominale, incrementerebbe parecchio la nutazione dell’assetto del bacino in avanti e, di conseguenza, l’aumento dell’iper-lordosi lombare.

Altro fattore rilevante è l’allontanamento delle braccia dal corpo (tanto nel crawl quanto nel dorso) che aumentano lo spostamento in senso lordotico. Il movimento di abduzione del braccio raggiunge i 150°. L’arto raggiunge i 180° per l’intervento del rachide dorso-lombare e ciò produce l’inevitabile iper-lordosi lombare oltre a innescare un movimento di torsione delle curve scoliotiche che, già di per sé, subiscono un momento torcente rotazionale sul proprio asse meccanico.

La tipologia di attività che si è costretti ad utilizzare durante il nuoto (a prescindere della tecnica o dell’attività svolta in vasca), induce il soggetto ad un uso di respirazione lontana dalla respirazione correttiva ed è molto dissimile dalla già brevettata e ormai nota respirazione che, con l’acronimo inglese RAB – right angle breathing – corrisponde alla respirazione rotazionale o respirazione di rotazione angolare (Metodo di Catherine Schroth).

I muscoli del lato convesso della colonna devono essere tonificati mentre, quelli sul lato concavo, devono essere sottoposti ad uno stretching guidato (cosa relativamente facile se si eseguono le tecniche di aggiustamento posturale utilizzando il lato da potenziare a fronte del lato da allungare).

L’apprendimento della corretta respirazione rotatoria consente di fare inspirare il soggetto con una inalazione profonda seguita da una fase di “esalazione” espiratoria che stabilizza l’intera regione dorso-lombare ripristinando un allineamento tridimensionale stabile che aiuta il soggetto a percepire la corretta postura vertebrale e comprendere come mantenerla per risolvere una scoliosi.

Tutto ciò che è realizzabile a secco, sulla terraferma e in ambiente consono, in ambiente acquatico diventa impossibile da rispettare, eseguire e mantenere!

A prescindere dallo Stile di nuoto … e in presenza di scoliosi!

A prescindere della tipologia dello stile utilizzato nel nuoto, il corpo umano immerso in acqua, per assicurare un avan­zamento in linea retta, occorre che inneschi movimenti cicloidali determinati da una componente di atti motori rotazionali e circolari.

Per effetto del terzo assioma di Newton, (per ogni forza che un corpo A esercita su di un altro corpo B, ne esiste istantaneamente un’altra uguale in modulo e direzione, ma opposta in verso, causata dal corpo B che agisce sul corpo A).

Pertanto, si crea una reazione che sposta l’allineamento del corpo, immerso nel mezzo fluido, in direzione op­posta rispetto alla spinta secondo i termini matematici

L’applicazione del principio applicato al nuoto esprime che, nella situazione, si imprime forza all’acqua verso il basso e indietro tramite il piede e le mani: il mezzo fluido reagisce con una forza uguale e contraria che spinge in alto e in avanti.

Il fluido-acqua, invece, sembra non subire alcuna forza, poiché non accelera!

Se si considera che la massa inerziale dell’acqua è enorme in confronto a quella dell’individuo, ne deriva che la forza si traduce in un’accelerazione piccola al punto da essere inosservabile.

Non essendoci punti di vincolo quando si è immersi in acqua, tutta l’attività di traslocazione produce una sequenza complessa di azioni e reazioni in torsione.

Questi movimenti sono difficili da definire analiticamente e altrettanto difficili, pressappoco impossibili, da controllare da parte dell’esecutore meccanico (soggetto).

L’utilità correttiva è praticamente inesistente. Il gesto motorio risulta anti-economico ai fini di una compensazione della curva scoliotica e non avviene alcuna compensazione morfologica-posturale; di contro si ottiene un enorme dispendio energetico scarsamente produttivo per la compensazione della sinergia rachidea.

Qualsiasi stile di nuoto venga adot­tato per la propulsione in acqua il risultato non varia: l’unica costante a cui si assiste è l’accentuazione delle curve fisiologiche vertebrali a fronte di un modesto rendimento propulsivo del corpo umano.

Il nuoto non si può prendere in considerazione per la correzione della scoliosi e delle alterazioni posturali dell’adolescenza!

Tutto ciò che fino ad ora è stato esposto dimostra come il nuoto non è attività motoria da considerare per la correzione di curve scoliotiche e delle alterazioni paramorfiche che si manifestano durante le spinte evolutive dell’età pre-puberale e puberale.

Qualsiasi funzionalizzazione degli schemi posturali risulta impossibile per effetto della:

Quando il corpo umano è immerso in un fluido come l’acqua, data la postura orizzontale rispetto al mezzo (attrezzo acqua), mancando i punti di vincolo, subendo il corpo una ridotta forza gravitazionale e scarse stimolazioni propriocettive, non è possibile ottenere una modificazione degli schemi posturali.

Non bisogna dimenticare che la mobilità articolare è un grande alleato delle curve scoliotiche: l’incremento della mobilità agevola l’aggra­vamento della deformità costale e incrementa la rotazione assiale delle vertebre.

La rigidità presente in una scoliosi è in grado di deter­minare specifici comportamenti nella dinamica del nuoto:

– in presenza di una curva scoliotica principale to­racica sinistra e compenso destro, l’azione di bending destro, causata dal braccio sinistro, accentua la curva to­racica con tendenza alla riduzione della curva lombare che non è strutturata;

– nell’azione di bending sinistra (attività successiva controlaterale):

– il capo derota verso il lato sinistro per consentire l’inspirazione dell’aria:

Il nuoto produce un accorciamento con contrazione concentrica dei muscoli spinali, già forti e in costante tensione: questi muscoli, invece, dovrebbero essere allungati attraverso un lavoro isometrico eccentrico.

Nelle curve dorsali e dorso-lombari, si assiste a una evoluzione in estensione: diventa praticamente improponibile e impensabile che si possa realizzare in acqua un recupero chinesiologico razionale.

Non si può effettuare una azione diretta sulla scoliosi senza localizzare il lavoro muscolare con lo scopo di compensarne le curve cercando di avvicinarsi più possibile al fisiologico con azioni precise, corticalizzanti e telencefalizzanti, direzionate verso la correzione, la compensazione, il man­tenimento e il recupero funzionale delle curve scoliotiche sul piano sagittale.

Il lavoro a secco (e non quello in vasca!) ha avuto considerevoli sviluppi negli ultimi decenni e la sua considerazione e importanza ha acquisito sempre più interesse anche nella prevenzione degli infortuni, soprattutto a carico delle articolazioni più sollecitate (rachide lombare, articolazione della spalla e della caviglia).

Il movimento della nuotata (bracciata o gambata) dovrebbe essere sempre efficiente, propulsivo e funzionale alla tecnica, mantenendo ampiezza (o angoli di lavoro) e frequenze del movimento adeguate alla distanza da coprire in vasca. Ciò dovrebbe essere supportato da un soggetto dotato di buone qualità fisiche e condotte motorie che lo rendono “sciolto” e “forte” contemporaneamente.

Se il soggetto, ogni volta che esegue una bracciata o una gambata ha difficoltà esecutive a causa della scarsa mobilità articolare passiva di tutto il corpo, o a causa di caviglie rigide in estensione plantare, la forza applicata per la propulsione viene prima dispersa per vincere queste rigidità e, solo successivamente, se non si manifestano crampi nella volta plantare, la forza viene applicata per la propulsione che, se presenta una mobilità attiva ridotta e rimane sott’acqua durante la fase di recupero della bracciata, produce un eccesso nel rollio.

In queste condizioni il soggetto crea una serie di movimenti compensatori antieconomici, soprattutto a carico del tronco non necessari all’avanzamento ma, piuttosto, indispensabili a eseguire e completare il gesto motorio.

Un ridotto Range Of Motion (ROM) della caviglia comporta un cambiamento del movimento della gambata a delfino. Durante l’estensione dell’anca da proni, c’è una attivazione maggiore dei muscoli del tronco.

Al contrario di ciò che si può pensare, utilizzando il movimento di legextention in posizione prona si perfeziona il lavoro dei muscoli lombari e non quello dei flessori dell’anca.

In assenza della contrazione dei muscoli addominali che adattano la posizione del bacino, i muscoli della zona dorsale e lombare (+++ erettori spinali, gluteo e hamstring) debbono sopportare un carico maggiore e incrementano il rischio di infortuni sugli stessi distretti poiché aumentano la lordosi lombare (pelvic tilt) e, di conseguenza, in presenza di scoliosi, l’innesco rotazionale delle vertebre scoliotiche.

Tanto nella vita quotidiana quanto durante una qualsiasi attività ludica o sportiva e compensativa, la fissazione del bacino deve avvenire in modo automatico e il controllo pelvico deve essere costante.

L’incapacità a stabilizzare il bacino e una ridotta mobilità articolare generalizzata può minare l’integrità fisica del soggetto fino a manifestare traumi da carico iterativo alle strutture muscolo-tendinee e articolari oltre a innescare un incremento delle curve scoliotiche.

Nuoto: non è una Panacea e può essere dannoso!

 Quindi, il nuoto, in soggetti che presentano un certo quadro di paramorfismi, non solo non è una Panacea ma può risultare addirittura dannoso!

La comparazione tra attività svolta in ambiente acquatico e quella in ambiente terrestre, a secco, lega anche a una valutazione in funzione del trattamento operato: quali sono gli effetti provocati dall’attività sulla postura e sul movimento in virtù di effetti contestuali diversi esistenti tra i due ambienti?

Nel processo rieducativo, le considerazioni, le valutazioni, gli obiettivi, le strategie, tutte le operazioni vagliate “a secco”, non hanno una medesima logica condivisa con le funzioni fisiologiche e con ciò che avviene biomeccanicamente in acqua.

Ottimizzare il percorso di recupero di un soggetto scoliotico richiede una logica dettata dal piano di lavoro individualizzato e articolato con diversi programmi di lavoro.

E, sicuramente il posto di maggiore garanzia non è rappresentato dall’ambiente acquatico bensì dalla terraferma, dall’ambiente artificiale che riproduce i modi di muoversi dell’essere umano nel suo ambiente naturale.

Altri termini che descrivono attività svolte in acqua possono collocarsi nel percorso compensativo ma non possono avere né valenza terapeutica e, tantomeno, possono essere considerate sanitarie.

Gli effetti utili derivano esclusivamente dal corretto esercizio fisico, dalla sua bontà gestionale e dalla sua esatta localizzazione.

L’acqua non restituisce alcun esito favorevole ad esclusione del contesto (ambiente fisico) in cui possono essere attuati gesti motori con caratteristiche simili a quelli dell’ambiente terrestre ma con l’offerta di grandi difficoltà applicative.

Principio di Frade e Zahm

Inoltre, il Principio di Frade e Zahm mette in evidenza che l’impegno muscolare richiesto da un esercizio in acqua è circa 800 volte quello necessario per lo stesso esercizio a secco.

Di contro, l’esercizio in vasca offre:

Diventa importante che il soggetto riconosca il ruolo che ogni muscolo possiede in una catena cinetica rapportandolo con gli altri affinché abbia la corretta sinergia nella catena, affinando e aumentando la sua sensibilità nel sentire quali sono i muscoli principali e fondamentali del corpo che permettono la stabilizzazione e il movimento.

Il soggetto deve capire cosa è il baricentro tecnico!

I muscoli principali del corpo umano possono essere raggruppati in 3 unità funzionali di una catena cinetica, definite articolazioni starter poiché da queste si origina il movimento, detti baricentri tecnici con la funzione primaria di creare stabilità, sviluppare il movimento adeguando la lunghezza della catena muscolare opposta e di evitare successive rigidità e deformazioni:

Queste“articolazioni tampone” hanno il compito di proteggere la colonna vertebrale dalle deformità, assumendo funzione posturale e di prevenzione primaria.

I baricentri tecnici sono sinergici tra loro durante la preparazione del gesto motorio; si dovrebbero attivare col ritmo giusto e con la corretta sequenza per creare il movimento funzionale.

Quando i muscoli agonisti si contraggono, i baricentri tecnici permettono di allungare gli antagonisti controbilanciando il naturale accorciamento e l’aumento della rigidità muscolare a carico della catena opposta.

Grazie all’attivazione di questi baricentri si riesce a eseguire il gesto “motorio”all’interno delle catene cinetiche senza creare sovraccarico o movimenti di contrasto funzionale, che potrebbero generare anche l’infortunio. Il bacino ha lo scopo di iniziare il movimento e di generare potenza, mentre gli arti superiori e inferiori sono deputati a trasmettere il movimento.

Il riconoscimento-allenamento dei baricentri tecnici, insieme a un aumento della mobilità articolare passiva, permettono al corpo di aumentare i ROM articolari e di ridurre-evitare contrasti funzionali (movimenti compensatori) nel gesto motorio soprattutto quando il movimento è dinamico, ad alte frequenze e/o in fase di volo (partenze).

È indispensabile migliorare la mobilità passiva nelle articolazioni starter, costruire la mobilità attiva affinché non ci siano differenze con quella passiva, permettere ai baricentri tecnici di attivarsi con una contrazione isometrica, successivamente eccentrica e, quindi, concentrica ed, infine, con movimenti dinamici.

Occorre variare i carichi di lavoro utilizzando i decubiti, i cambi di atteggiamento a carico dell’articolazione della spalla, dell’anca (movimenti in estensione), oltre al carico esterno applicato e al suo punto di applicazione sul soggetto (momento di forza).

Dopo questi passaggi, il rafforzamento muscolare creato sui baricentri tecnici, dovrebbe essere in grado di sostenere l’azione dinamica in funzione di qualsiasi gesto motorio.

provocano l’aumento della lordosi lombare.

migliora l’attività cardio-circolatoria e respiratoria.

Per motivi idrodinamici, di propulsione e di bio-meccanica, il nuoto richiede una posizione del corpo quanto più possibile orizzontale e determina una posizione iper-estesa.

–  Innalzamento della faccia dorsale del sacro;

–  Ravvicinamento delle apofisi spinose che possono anche toccarsi;

si assiste ad un’azione di scarico della colonna che, nell’acqua, non deve lottare contro la gravità terrestre.

– Il movimento di abduzione del braccio raggiunge i 150°.

– L’arto raggiunge la verticale (180°) per intervento del rachide dorso-lombare che aumenta la curva lordotica.

Controindicazioni assolute del nuoto e dell’uso di ambiente acquatico sono rappresentate da:

Scoliosi idiopatica: cosa succede se manca un trattamento specifico? 

La Prevenzione dovrebbe essere alla base di ogni caso esaminato e da trattare!

Ad eccezione di alcuni casi estremamente gravi, il follow-up a lungo termine dei soggetti portatori di scoliosi idiopatica giovanile non trattati indica che non ci sono impatti significativi con conseguenze nefaste sulla qualità della vita.

La natura relativamente benigna della scoliosi idiopatica giovanile e le indicazioni per il trattamento con esercizi specifici, le complicanze a lungo termine dell’intervento chirurgico, dovrebbero essere rivisti per influenzare considerevolmente l’effettivo intervento sulle curve rachidee degli adolescenti in crescita.

Occorre ricordare sempre che una scoliosi, prima di diventare una scoliosi grave è stata una scoliosi minore e di scarsa entità.

La rieducazione posturale esperienziale è un approccio conservativo, non invasivo, e il suo ruolo nella gestione dei mandati conferiti richiede approfondimenti e studi.

Esaminando le prove complete sull’efficacia dei programmi attuali e per l’inclusione di varie forme di rieducazione posturale nella gestione della scoliosi idiopatica giovanile in soggetti di età pre-puberale e puberale scaturisce la necessità di agire con il supporto dell’evidenza scientifica e dell’influenza positiva generata da profonda esperienza.

Purtroppo, i vari programmi di lavoro sono molto difficili da confrontare e ogni Operatore afferma di avere il pieno possesso del “Metodo” giusto per risolvere il problema e le capacità tecniche per gestire questo Nemico dal terribile nome corrispondente a scoliosi!

(per l’ipertrofia degli spinali a curve per quanto possibili ridotte).

per preparare la colonna al modellaggio dell’apparecchio ortopedico.

per preparare la colonna vertebrale all’intervento chirurgico.

della mobilità residua nelle regioni sopra e sottostanti il tratto operato.

Principi di correttezza da porre alla base di un piano di trattamento

La prevenzione dei vizi posturali impone ragionamenti di tutela e protezione!

Le esperienze positive dell’acquaticità risultano appena sufficienti a giustificare una programmazione di Attività Fisica Adattata in ambiente acquatico ma, rifacendosi ad alcune racco­mandazioni dettate dalle Linee Guida Italiane per le De­formità del rachide in età evolutiva, bisogna osservare che:

Per quanto sopra esposto, anche la danza o la ginnastica artistica ci limitano nelle scelte delle attività motorie da svolgere proprio perché sono attività motorie fortemente mobilizzanti soprattutto della zona lombare e delle articolazioni coxo-femorali.

Logicamente, se intese quali attività motorie ricreative con impegno minimo e per un massimo di 2-3 volte alla settimana, senza forzare eccessivamente i quadricipiti femorali con movimenti violenti e/o veloci, il nuoto, la danza o la ginnastica artistica, non comportano elementi tali da scatenare danni.

Oggigiorno si è arrivati alla determinazione che la causa di una scoliosi idiopatica possa essere imputabile a un insieme di multi-fattorialità. Pertanto, non è facile definire qual’è la causa e qual’è la conseguenza:

“La scoliosi è definita come una condizione, NON una deformità”

La Scoliosis Research Society riferisce che:

“Scoliosisisdefinedas a condition, NOT a deformity”quando ci si riferisce a persone che convivono con scoliosi o altre condizioni spinali con cambiamenti strutturali della colonna vertebrale!

Nelle scoliosi, assieme alla disfunzione nei sistemi di controllo centrale, si possono riscontrarecompensazioni naturali utili a ristabilire l’equilibrio posturale e segmentale:

– alterazioni percettive visuo-spaziali (coinvolgimento del sistema oculo-motorio);

– disturbi neurologici secondari a disfunzionalità propriocettiva (alterazioni oto-neurologiche-vestibolari con consequenziali alterazioni dell’equilibrio assiale della colonna vertebrale);

La metodologia di questo lavoro nella pratica professionale quotidiana, sperimentata per quasi 40 anni, permette di affermare che, anche alla luce delle nuove acquisizioni sulla Biomeccanica della colonna vertebrale, si è dimostrata valida, accurata, affidabile e veloce per creare una “memoria storica” e una conoscenza quantitativa della postura e delle limitazioni funzionali indotte dalla Scoliosi.

L’attuale tecnologia e un ben attrezzato laboratorio di Chinesiologia, se adoperati in modo altamente professionale, congiunti a una corretta somministrazione in ambiente altamente specializzato di Esercizi compensativi e adattati, costituiscono, oggi, l’approccio giusto per la specificità dell’esame, per un idoneo e professionale momento rieducativo chinesiologico e rappresenta la strada logica per ulteriori, futuri perfezionamenti.

Il nuoto può essere utilizzato sotto l’aspetto competitivo, ricreativo, idrochinesiterapico dopo infortunio per riatletizzare funzioni propriocettive lese, … ma, sebbene soddisfi funzioni differenti, non trova applicazione nel trattamento specifico della scoliosi!

Lo sviluppo armonico e olistico del corpo lo si può ottenere, ugualmente e meglio, con esercizio fisico adattato sotto attenta guida in ambiente altamente specializzato.

Il nuoto, al contrario, va benissimo se non ci sono alterazioni e disordini bio-meccanici della colonna vertebrale.

Non serve il “nuoto” per recuperare un atteggiamento scoliotico o per contrastare una curva scoliotica vera: l’alternativa di applicazione per un recupero di parametri sul piano sagittale e coronale spinale è l’uso di un insieme di gesti motori razionali, finalizzati e supportati da uno specifico studio di quella curva scoliotica e di quel soggetto, applicati secondo sapiente tecnica e metodologia, somministrati in ambiente terrestre idoneo!

La curva scoliotica tende a un peggioramento per effetto di un circolo vizioso che si instaura:

Diventa indispensabile formulare un corretto piano di trattamento che analizza la problematica e individua i danni primari o secondari per attivare, poi, strategie ed esercizi che nell’insieme dell’attività intervengono:

– nel controllo sotto-corticale del sistema posturale;

– nelle percezioni visivo-spaziali dell’orientamento somatico nello spazio;

 La ginnastica correttiva e/o compensativa, pertanto, concentra la sua azione su esercizi specifici in grado di stimolare le funzioni di controllo con finalità tampone. In realtà si orientano verso un ruolo eziologico con l’intento di recuperare i Quozienti di Sviluppo Motorio ritardati. Obiettivo primario è quello di armonizzare in modo idoneo lo sviluppo psico-motorio durante il periodo puberale dei soggetti che vengono all’attenzione dei Professionisti di settore.

La pratica del nuoto, come qualsiasi altro sport, può essere inteso solo come supporto dell’esercizio fisico specifico. Per gli ovvii motivi bio-meccanici, sono da preferire gli sport terrestri a quelli acquatici! 

Chinesiologia Scientifica – Organo Ufficiale Unione Nazionale Chinesiologi; Aprile-Giugno 1990

“Il nuoto non fa bene. L’attivitànatatorianellescoliosi: miti e tabù da sfatare”

Il Trifoglio Bianco; 26 Marzo 2019- ISBN-10: 8885693237 – ISBN-13: 978-8885693234

Rodolfo Lisi – Paolo Raimondi – Carmelo Giuffrida

“Il nuoto nelle scoliosi. Miti e tabù da sfatare” –

Scienza & Sport Magazine – I Quaderni per Allenatori e Preparatori Editoriale Sport Italia S.r.l. – Via Masaccio 12, 20139 Milano, Italia – n. 43 – articolo del 25 Luglio 2019 – pubblicato nel Settembre 2019 URL:https://www.scienzaesport.it/allenamento/nuoto/il-nuoto-nelle-scoliosi-miti-e-tabu-da-sfatareURL Anteprima: https://www.scienzaesport.it/anteprima/s-s-n-43-luglio-2019

“LA SCOLIOSI – Un paramorfismotridimensionale e multifattorialedellacolonnavertebrale: dalleosservazioni e valutazioni, allaginnasticacorrettiva” – Cavinato Editore International; Ottobre 2020 – ISBN-10: 8869828522 – ISBN-13: 978-88-6982-848-5

“SCOLIOSI e NUOTO: PRO e CONTRO – Considerazioni Tecniche e Riflessioni Scientifiche”– Cavinato Editore International;02 Dicembre 2020 – ISBN-10: 8869828638 – ISBN-13: 978-88-6982-863-8

“POSTUROLOGIA – Dalla valutazione funzionale della postura al trattamento con la ginnastica posturale secondo le scienze dell’esercizio fisico” – Cavinato Editore International; 14 Giugno 2021 – ISBN-10: 9788869828973 – ISBN-13:9788869828973

[1] Duval-Beaupére G, Lespargot A, Brossiord A. Flexibility of scoliosis: whatdoesitmean? Spine 1985; 10: 428-32.

[2]https://isico.it/images/uploads/ricerca/ID00299c.pdf

[3]Dickson RA, Lawton JO, Archer IA and Butt WP The pathogenesis of idiopathicscoliosis. J. Bone Joint Surg 1984; 66-B: 8-15.

[4] Il “Metacentro” è un punto teorico intorno al quale oscillano i due pendoli, rappresentati dal punto di applicazione della forza di gravitàe da quello della spinta idrostatica.

[5]La contrazione auxotonica è una contrazione concentrica, in cui la tensione muscolare cresce progressivamente man mano che il muscolo si accorcia.Ciò si verifica nell’allenamento con gli elastici quando la resistenza esterna tende ad aumentare durante la contrazione.All’aumentare della resistenza, il muscolo deve esprimere un proporzionale aumento della tensione.

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